Comicoterapia : risate per il benessere
Si chiama anche gelotologia, ma è più nota come comicoterapia o clownterapia: non semplice intrattenimento o distrazione, ma un’autentica disciplina per approfondire la relazione tra il fenomeno del ridere e la salute. Una nuova modalità sia di prevenzione che di vera e propria terapia, sorta negli Stati Uniti a partire dagli anni Ottanta e poi approdata anche in Europa e nel resto del mondo. Negli ospedali o nelle residenze assistenziali, nei centri diurni o nelle strutture di riabilitazione per disabili, la "scienza del sorriso" (dal greco "ghelos", che vuol dire "risata") si basa sugli studi di psico-neuro-endocrino-immunologia (pnei). Questa terapia speciale, quindi, tende "a ricercare e sperimentare modalità relazionali che, coinvolgento positivamente l’emotivo della persona, attraverso complessi meccanismi neuro-endocrini, ne migliorino l’equilibrio immunitario da un lato, e le abilità psico-relazionali dall’altro", spiega "Ridere per vivere" (www.riderepervivere.it), federazione di associazioni e cooperative sociali. I suoi clown-dottori e i volontari del sorriso sostengono che la comicoterapia sia una modalità efficace di "prevenzione, riabilitazione, terapia e formazione".
Secondo l’istituto di ricerca, documentazione e formazione "Homo ridens" (www.homoridens.org), costola di "Ridere per vivere", una formazione in tal senso è positiva in ogni caso per gli operatori sanitari e per coloro che vivono a contatto con la malattia e la disabilità. Lo sostiene anche Morgana Machado Masetti (www.morganamasetti.wordpress.com), di origine italiana ma trapiantata in Brasile, direttrice a Sao Paulo del dipartimento di ricerca dei Doutores da Alegria: sintonizzandosi sul momento presente, "i clown raggiungono un’alta intensità nei rapporti, riescono a concentrare tutta l’energia nei loro interventi. Questo atteggiamento migliora l’ambiente ospedaliero. In un contesto in cui gli sforzi sono concentrati sul futuro del paziente e le esperienze di successo o fallimento sono legate alla vita o alla morte dei ricoverati, il clown, concentrandosi su ciò che occorre nel presente, favorisce la qualità dei rapporti, distoglie l’attenzione da quello che succederà e ci ricollega con ciò che sta succedendo".
Saper godere "dell’attimo fuggente", acquisire capacità ludiche, apprendere l’arte di sdrammatizzare: sono queste alcune delle peculiarità della comicoterapia, che richiamano "livelli di comunicazione non verbale, alternative a quelli utilizzati dagli operatori di cura – riferisce l’attore Maurizio Accattato (www.maurizioaccattato.org/ct.htm), mimo e clown oltre che autore e regista teatrale -. Tecniche utili a sondare in modo mirato la capacità comunicativa dei pazienti, individuando per ognuno il terreno più fertile di approccio". Attraverso la figura del pagliaccio, Accattato – lo ha sperimentato anche tra i malati di Alzheimer – riesce ad "affrontare giocosamente temi molto delicati come la solitudine, la paura, il disorientamento".
Si chiama anche gelotologia, ma è più nota come comicoterapia o clownterapia: non semplice intrattenimento o distrazione, ma un’autentica disciplina per approfondire la relazione tra il fenomeno del ridere e la salute. Una nuova modalità sia di prevenzione che di vera e propria terapia, sorta negli Stati Uniti a partire dagli anni Ottanta e poi approdata anche in Europa e nel resto del mondo. Negli ospedali o nelle residenze assistenziali, nei centri diurni o nelle strutture di riabilitazione per disabili, la "scienza del sorriso" (dal greco "ghelos", che vuol dire "risata") si basa sugli studi di psico-neuro-endocrino-immunologia (pnei). Questa terapia speciale, quindi, tende "a ricercare e sperimentare modalità relazionali che, coinvolgento positivamente l’emotivo della persona, attraverso complessi meccanismi neuro-endocrini, ne migliorino l’equilibrio immunitario da un lato, e le abilità psico-relazionali dall’altro", spiega "Ridere per vivere" (www.riderepervivere.it), federazione di associazioni e cooperative sociali. I suoi clown-dottori e i volontari del sorriso sostengono che la comicoterapia sia una modalità efficace di "prevenzione, riabilitazione, terapia e formazione".
Secondo l’istituto di ricerca, documentazione e formazione "Homo ridens" (www.homoridens.org), costola di "Ridere per vivere", una formazione in tal senso è positiva in ogni caso per gli operatori sanitari e per coloro che vivono a contatto con la malattia e la disabilità. Lo sostiene anche Morgana Machado Masetti (www.morganamasetti.wordpress.com), di origine italiana ma trapiantata in Brasile, direttrice a Sao Paulo del dipartimento di ricerca dei Doutores da Alegria: sintonizzandosi sul momento presente, "i clown raggiungono un’alta intensità nei rapporti, riescono a concentrare tutta l’energia nei loro interventi. Questo atteggiamento migliora l’ambiente ospedaliero. In un contesto in cui gli sforzi sono concentrati sul futuro del paziente e le esperienze di successo o fallimento sono legate alla vita o alla morte dei ricoverati, il clown, concentrandosi su ciò che occorre nel presente, favorisce la qualità dei rapporti, distoglie l’attenzione da quello che succederà e ci ricollega con ciò che sta succedendo".
Saper godere "dell’attimo fuggente", acquisire capacità ludiche, apprendere l’arte di sdrammatizzare: sono queste alcune delle peculiarità della comicoterapia, che richiamano "livelli di comunicazione non verbale, alternative a quelli utilizzati dagli operatori di cura – riferisce l’attore Maurizio Accattato (www.maurizioaccattato.org/ct.htm), mimo e clown oltre che autore e regista teatrale -. Tecniche utili a sondare in modo mirato la capacità comunicativa dei pazienti, individuando per ognuno il terreno più fertile di approccio". Attraverso la figura del pagliaccio, Accattato – lo ha sperimentato anche tra i malati di Alzheimer – riesce ad "affrontare giocosamente temi molto delicati come la solitudine, la paura, il disorientamento".